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“Breve storia della Terra” di Robert M. Hazen

a cura di Giacomo Milazzo

Breve storia della Terra

Recensione

Scala geocronologicaQuesto è, certamente, un libro datato relativamente alla velocità del progresso scientifico, ma la storia della Terra è fatta soprattutto di quel è stato è stato e, pur potendo discutere ancora a lungo sul perché le cose siano andate in quel modo, non possiamo certo negare quel che È stato. Tutto sommato infine, rileggere un classico, a distanza di tempo, è spesso buona cosa, e così, dopo il tempo ecco qui, parafrasando la rubrica culturale della Rai, la storia. Un altro punto a favore della lettura a distanza di tempo è constatare come le previsioni fatte allora siano state confermate dai fatti odierni.

I momenti critici hanno la caratteristica che non si può sapere d’esserci arrivati prima di arrivarci. Ci rendiamo conto di quanto accade soltanto a posteriori, quando ormai è troppo tardi per ripristinare la condizione preesistente. Questo libro ancora una volta fornisce una chiave utile a prendere coscienza del rischio enorme che stiamo vivendo.

L’Autore parte in sordina, e chiunque abbia una cultura geologica, potrebbe pensare di star leggendo noiose cose note, ma in realtà, pagina dopo pagina, emergono i dettagli e i nuovi elementi.

Il passato può essere il prologo del futuro? Nel caso della terra la risposta è sì, ma anche no.

Come è accaduto nel passato la terra continuerà a essere interessata da incessanti schemi altalenanti di cambiamento punto. Indipendentemente da forzanti antropiche, oggi in atto, il clima diventerà più freddo e poi di nuovo più caldo, ripetutamente. Torneranno sia le glaciazioni che i periodi caratterizzati da estremi tropicali. La tettonica delle placche proseguirà rimescolando i continenti e, al tempo stesso, aprendo e chiudendo bacini oceanici. La vita ancora una volta potrà essere sconvolta e quasi del tutto estinta da imponenti eruzioni vulcaniche o persino dall’impatto di un asteroide. Alcuni cambiamenti potranno verificarsi per la prima volta e molti potranno essere irreversibili. Miriadi di specie scompariranno ed è altrettanto plausibile che scompariranno gli esseri umani.

Molti dettagli della storia della Terra resteranno ignoti ma questa ricchissima sequenza di eventi, considerata insieme alle leggi della natura, ci può fornire indicazioni precise su ciò che accadrà.

Per conoscere davvero la nostra dimora planetaria e comprendere gli eventi che in tempi lunghissimi l’hanno forgiata, dobbiamo in primo luogo riconoscere sette verità fondamentali.

  1. La Terra è costituita da atomi riciclati, che si riciclano continuamente.
  2. La Terra è straordinariamente antica se paragonata alla vita umana.
  3. La Terra è tridimensionale e la maggior parte dei fenomeni si svolgono al di fuori della nostra vista.
  4. Le rocce documentano la storia della Terra.
  5. I sistemi della Terra (rocce, oceani, atmosfera e vita) sono interconnessi in maniera complessa.
  6. La storia della Terra comprende lunghi periodi di stasi punteggiati da eventi talvolta improvvisi e irreversibili.
  7. La vita si è modificata e, a sua volta, continua a modificare la superficie della Terra.

Questi concetti, su cui si basa l’esistenza stessa della Terra, costituiscono l’intelaiatura delle vicende sovrapposte che hanno per protagonisti atomi, minerali, rocce e organismi, e si presentano come grandi epopee nello spazio e nel tempo.

La trasformazione è il tema centrale della storia del nostro pianeta: gli oceani e l’atmosfera, la geosfera e la biosfera, tutti gli ambiti della Terra sono cambiati incessantemente nel corso degli eoni. Persino il periodo che va da 1,8 miliardi a 800 milioni di anni fa, il cosiddetto «miliardo noioso» è stato rimesso in discussione e rivisto completamente, così come per nulla oscuri e statici furono i dieci secoli di quel che chiamiamo Medioevo. La trasformazione, inoltre, anche delle relazioni tra diverse discipline scientifiche, come geochimica, paleontologia e mineralogia, che almeno fino agli anni Ottanta del Novecento, quasi non si parlavano, ed oggi invece cooperano in ricerche congiunte. Un preconcetto davvero inspiegabile dato che tutto ciò che sappiamo del passato remoto della terra deriva da prove contenute nei minerali. La maggior parte degli studiosi parla raramente dell’età o dell’evoluzione dei campioni che studia concentrato sulle proprietà fisiche e chimiche, intrinsecamente statiche, dei minerali. Vittime del sottile pregiudizio che osteggia l’approccio meramente «narrativo» della geologia.

Un’impostazione mentale che riflette le origini della mineralogia che vanno cercate nell’attività mineraria e nella chimica arricchite forse da una convinzione subliminale per cui i campi di studio della fisica e della chimica sarebbero più rigorosi rispetto ai racconti creativi e qualitativi dei geologi, che tuttora si domandano infatti come mai esistano premi Nobel per la fisica e per la chimica, ma non per la geologia. Di conseguenza, pochi mineralogisti hanno riflettuto sulle trasformazioni eccezionali che interessarono la mineralogia del nostro pianeta nel corso della sua storia.

Ed è quanto puntualizzato nell’introduzione, che anticipa il diverso e curioso modo di porsi, da parte dell’Autore, nei confronti della narrazione della storia del nostro pianeta, formato dagli elementi primordiali messi a disposizione dalla nascita dell’Universo e che a sua volta ha formato complessi inorganici ed organici coevolutisi nel Tempo Profondo della sua storia. La coevoluzione minerale-biologico è in parte il filo conduttore che arriverà ad esplorare le teorie, e le ipotesi più moderne all’epoca della pubblicazione, relative al processo di abiogenesi, l’origine della vita, quella con la V. Tutto ciò grazie alla preparazione generale e particolare dell’Autore, una sorta di genio nel suo campo, talmente stimato da aver ricevuto un miliardo di dollari di finanziamenti per il suo progetto relativo alla creazione di un osservatorio permanente sul carbonio, il “Deep Carbon Observatory”, che fin dal 2009, e oggi forte di una comunità di oltre 1.000 scienziati in più di 35 paesi, mira a promuovere una comprensione trasformativa dei ruoli chimici e biologici del carbonio all’interno della Terra.

L’approccio dell’Autore e dei suoi colleghi e collaboratori sostiene qualcosa di sorprendente e in qualche modo controintuitivo. La comparsa della vita ha dato il via alla comparsa della maggior parte dei minerali presenti sulla Terra. Per secoli è valsa la tacita assunzione per cui il Regno minerale opera in modo indipendente da quello della vita, il loro approccio nuovo, che prevede una sorta di evoluzione minerale, per contro attribuisce un’importanza particolare alla coevoluzione tra geosfera e biosfera suggerendo che almeno 3.000 delle circa 4.500 specie minerali note non avrebbero potuto formarsi prima del grande evento ossidativo, e la maggior parte della ricca diversità minerale del nostro pianeta probabilmente non potrebbe esistere su un pianeta non abitato. In quest’ottica, minerali molto apprezzati come il turchese azzurro, di color blu profondo, e la brillante malachite verde diventano segni inequivocabili dell’esistenza organismi viventi. E i nuovi minerale a loro volta hanno offerto alla vita in evoluzione nuove nicchie ambientali e nuove fonti di energia chimica, così gli organismi si sono coevoluti senza sosta con le rocce e i minerali.

Apollo 8Una delle immagini più celebri del XX secolo è una foto scattata nel 1968 da un uomo in orbita intorno alla Luna, in cui è immortalata la Terra mentre sta «sorgendo». Sappiamo da molto tempo quanto sia prezioso e speciale il nostro mondo: la Terra è il solo pianeta conosciuto ad avere vaste distese oceaniche e un’atmosfera ricca di ossigeno, ed è anche l’unico abitato. Ciononostante molti di noi erano impreparati al contrasto mozzafiato tra la desolazione totale del paesaggio lunare, il vuoto nero e senza vita dello spazio e la nostra casa, attraente, venata di bianco e azzurro. Da quel punto di vista lontano e privilegiato, la Terra appare sola, piccola e vulnerabile, ma anche molto più bella di qualsiasi altro corpo celeste.

In principio non c’era nessuna Terra, o Sole che la scaldasse. Il nostro Sistema solare, con la brillante stella al suo centro e i numerosi pianeti e satelliti, è una relativa novità nel cosmo, avendo appena 4,54 miliardi di anni circa. Sono dovute accadere molte cose, infatti, perché dal vuoto emergesse il nostro mondo.

L’Autore ci accompagna, con estrema perizia e con tantissimi particolari, presupposti, conseguenze e contingenze che hanno portato, nell’arco di questi 4,5 miliardi di anni circa, a fasi successive che egli definisce di volta in volta della Terra nera, blu, grigia, viva, verde, bianca ed altro ancora. E con un approccio totalmente nuovo, un cambiamento di paradigma così caro a Kuhn.

Più studiamo la ricca documentazione costituita dalle rocce della Terra, più ci rendiamo conto di come il mondo naturale, vivente e non vivente, si sia trasformato più e più volte. La nostra conoscenza sempre più approfondita del tempo e del cambiamento, due realtà gemelle a livello planetario, ci ha permesso non soltanto di ipotizzare come i minerali si siano formati all’inizio, ma anche quando. La scoperta recente di organismi in luoghi per molto tempo considerati inospitali (per esempio nei caldissimi camini vulcanici o nelle pozze acide, nei ghiacci artici e nella polvere della stratosfera) ha finito per coinvolgere anche la disciplina della mineralogia, che si è rivelata strategica nel tentativo di comprendere le origini della vita e il modo in cui è sopravvissuta finora. Così, nel numero di novembre del 2008 di American Mineralogist, la rivista più importante del settore, l’Autore e i suoi colleghi proposero un modo nuovo di intendere il regno minerale e le incredibili trasformazioni che hanno interessato i minerali nella dimensione, finora inesplorata, del tempo, abbandonando il vecchio approccio statico della mineralogia. Miliardi e miliardi di anni fa non esistevano minerali in nessuna parte del cosmo. Nessun composto cristallino, infatti, poteva essersi formato, né poteva conservarsi, nel gorgo vorticoso e caldissimo seguito al Big Bang. Dovette passare come minimo mezzo milione di anni perché i primi atomi (idrogeno, elio e un pizzico di litio, tutti allo stato gassoso) si separassero dal calderone della produzione. Trascorsero altri milioni di anni, e la gravità incominciò allora a concentrare questi antichi elementi gassosi nelle prime nebulose, che poi collassarono generando le prime stelle dense e incandescenti. Ma soltanto quando le prime stelle esplosero diventando supernove brillanti, e quando dagli involucri in espansione e via via più freddi di gas ricchi di elementi si separarono i primi minuscoli cristalli di diamanti, la saga mineralogica cosmica poté avere inizio. Sfidare la tradizione ripensando la mineralogia come una scienza storica, evolutasi mediante una sequenza di stadi, tutti caratterizzati da cambiamenti nella diversità e nella distribuzione dei minerali.

La storia della Terra merita di essere conosciuta e condivisa anche perché gli oceani e l’atmosfera stanno cambiando a una velocità quasi ineguagliata nel corso della lunga vita del pianeta. Il livello degli oceani sta salendo, mentre le acque diventano più calde e più acide. La distribuzione globale delle precipitazioni sta cambiando, l’atmosfera sta diventando più turbolenta. I ghiacci polari stanno fondendo, i terreni della tundra si stanno scongelando e, nel complesso, assistiamo a uno spostamento degli habitat. Come estremamente dettagliato nel libro, la storia della Terra è una saga caratterizzata dal cambiamento, ma prima di oggi, nelle ancorché rare occasioni in cui le trasformazioni si sono verificate con una rapidità così allarmante, la vita ha sempre pagato un prezzo altissimo. Se vogliamo agire con saggezza e in tempo per salvarci, dobbiamo imparare a conoscere intimamente la Terra e la sua storia. Perché, come ha chiarito perfettamente quella famosa e spettacolare immagine scattata da un mondo senza vita a mediamente 384.400 chilometri da qui, non abbiamo nessun’altra casa oltre a questa.

Vignetta evoluzione minerale
La storia di alcuni elementi, in particolare idrogeno, ossigeno, carbonio, ferro e silicio, annientano le cosiddette ipotesi creazioniste, quelle vedono la Terra vecchia di appena qualche migliaio di anni, convinzione fortemente radicata soprattutto in nord America. Diamo per scontati questi elementi. La loro presenza intorno a noi è inevitabile, per fortuna. L’Autore suddivide la storia della Terra con una linea temporale rappresentata dal colore che la Terra avrebbe potuto mostrare a chi la osservasse dallo spazio. Racconta con molti particolari della formazione della Luna e del ruolo fondamentale che la coevoluzione Terra-Luna ha avuto. Ognuno di quei colori attribuiti alla Terra è correlato a una parte della storia geologica della Terra, e l’Autore si prende semplicemente qualche libertà con i cambiamenti nella composizione chimica della Terra, associando un colore particolare a ogni fase dell’evoluzione della Terra.

Quando geologi, geochimici e geofisici mappano le distribuzioni di isotopi di elementi comuni presenti negli strati rocciosi della Terra, come carbonio e ossigeno, emergono dei modelli. Questi modelli indicano non solo l’età, ma anche i processi chimici. La presenza di certi isotopi, come quelli del carbonio, può indicare la presenza di cellule fossili. Alcune molecole portano gli scienziati a riflettere sulla presenza di ossigeno, poiché queste molecole sono legate ai cianobatteri, che producono ossigeno tramite fotosintesi. Viaggiare nell’Australia occidentale e campionare gli scisti neri del monte McRae fornisce la prova che 2,5 miliardi di anni fa, si stava verificando la fotosintesi. Manitoba, in Canada e in paesi come la Namibia e il Sudafrica sono alcuni altri luoghi in cui campioni di rocce antiche rivelano dettagli della Terra nei suoi primi anni. I cratoni, i mattoni dei continenti, sono tra i pochi luoghi rimasti che non sono stati coinvolti nel continuo rimescolamento e riciclaggio della crosta terrestre e forniscono indizi sulla storia della nostra Terra. Tutto ciò è raccontato dettagliatamente.

L’ossigeno è uno spazzino, motivo per cui ha guadagnato popolarità tra i detergenti e perché dobbiamo costantemente combattere la ruggine sulle nostre auto, camion e altre attrezzature meccaniche. L’ossigeno, nonostante il nostro corpo ne abbia bisogno, è una sostanza piuttosto sgradevole e troppo ossigeno non è una buona cosa. Se chiedessimo dove si trova la maggior parte dell’ossigeno sulla Terra è plausibile che la maggior parte delle risposte farebbe riferimento alla nostra atmosfera: ma sbaglierebbero il 99,999% di tutto l’ossigeno è sotto di noi. Anche l’idrogeno: la maggior parte dell’acqua sulla Terra si trova nel mantello terrestre. Secondo l’Autore, il mantello contiene l’equivalente di 80 volte la quantità di acqua presente nei nostri oceani. Non acqua liquida, si noti, ma atomi di idrogeno e atomi di ossigeno legati e inseriti nelle molecole di rocce e minerali, come olivina, pirosseno e granato. Il quarzo è un altro esempio, biossido di silice, un atomo di silicio e due atomi di ossigeno. Camminare in escursione sulla maggior parte delle montagne o su una spiaggia significa  camminare su ossigeno, silicio e altri elementi e composti.

La storia della Terra è anche la storia della vita. A livello fondamentale, siamo tutti composti da elementi cosmici, ossigeno, idrogeno, azoto, calcio, magnesio e una miriade di altri. Questi elementi si sono fusi dai resti delle supernove e nel corso di miliardi di anni hanno dato origine agli amminoacidi e agli zuccheri su cui si basa la vita. Il nostro DNA è composto dagli stessi elementi del nostro sole, della nostra Luna e della Terra. Non comprendiamo ancora come si sono organizzate le catene chimiche del nostro DNA. Non ancora. Alla fine, capiremo cosa si è acceso, cosa ha catalizzato quei primi amminoacidi e ha fornito loro la capacità di autoreplicarsi.

Lo studio della geologia è quasi lo studio di noi stessi. L’Autore propone che lo studio della Terra e lo studio della vita sulla Terra non possano seguire due percorsi diversi; sono lo stesso percorso, con un approccio affascinante e rivoluzionario. I composti organici hanno bisogno dei minerali per evolversi e i minerali hanno bisogno dei composti organici per formarsi. Non che i minerali siano senzienti e abbiano bisogno di saperlo, ma i composti organici, se sottoposti a calore e pressione sufficienti, formano altre sostanze importanti. E si ricordi il ruolo fondamentale che gli atomi di carbonio hanno per la chimica organica.

Questo libro ci sfida a non pensare a una roccia semplicemente per quel che appare, fosse anche come una raccolta di minerali, ma a contemplare prima la struttura del nostro Universo, a pensare a come il nostro si è raffreddato, consentendo la formazione di idrogeno, elio e litio, per primi. In seguito, con un ulteriore raffreddamento, si sarebbero formati gli altri elementi, carbonio, azoto, ossigeno, silicio, senza tralasciare berillio e boro. Nel seguito, ci viene chiesto di pensare a come questi elementi si combinano, a come le loro masse atomiche e il numero di elettroni siano importanti. E ancora a pensare a cosa succede quando alcuni elementi si combinano se sottoposti a valori elevatissimi di calore e pressione. Cosa succede quando alcune molecole godono di una particolare predisposizione rispetto ad altre molecole? Le molecole possono essere suscettibili all’adattamento, ovvero alcune molecole hanno più probabilità di sopravvivere mentre altre hanno meno probabilità?

Quando arriviamo al dunque, siamo un insieme di minerali, zuccheri e amminoacidi che hanno la speciale capacità di riprodursi. Gli zuccheri e gli amminoacidi sono insiemi di molecole, e queste molecole sono insiemi di atomi, gli atomi che rappresentano la varietà di elementi che si sono formati dopo i primi 500.000 anni di esistenza del nostro universo. Come questi atomi si sono combinati per formare zuccheri e amminoacidi è di grande interesse, e perché si sono formati in quel modo, con zuccheri destrorsi e amminoacidi sinistrorsi?

Pagina dopo pagina, l’Autore discute e rivela alcune risposte alle domande di cui sopra, affermando inoltre che gli scienziati non hanno tutte le risposte in questo momento. Alcune domande potrebbero restare senza risposta per molto tempo, forse finché non potremo viaggiare in un altro sistema solare per ottenere prove di prima mano di come appare realmente la formazione dei pianeti. Il fatto che alcune domande rimarranno senza risposta, tuttavia, non significa che le domande non abbiano risposte o forniscano prove che alcuni problemi siano insolubili, aprendo la porta a spiegazioni metafisiche o pseudoscientifiche.

Ricordiamo che ciò che sappiamo, per quanto grandissimo appaia, è solo la scalfittura della superficie. Solo di recente abbiamo raggiunto un livello tecnologico tale da iniziare davvero a esplorare il nostro ambiente. I nostri computer sono migliori, i nostri sensori più sensibili, la nostra matematica è migliore, il nostro accesso a strumenti di laboratorio è migliore.

Il libro richiede poche conoscenze scientifiche per essere letto e compreso. Capire e accettare che la molecola SiO2 abbia un atomo di silicio e due atomi di ossigeno, basta come conoscenza per comprendere il testo. Ma se non si può accettare il concetto di decadimento radioattivo, che tutto l’uranio dell’Universo ad esempio alla fine diventerà piombo, allora sorgeranno difficoltà a comprendere la scienza in generale, e in particolare i concetti delineati in questo libro.

Si tratta in definitiva di un altro ottimo testo sull’importanza della geologia, quella geologia che è al di fuori dell’attenzione enfatica per i combustibili fossili. Un ottimo lavoro nello spiegare in termini molto semplici e concreti perché studiare la geologia è parallelo allo studio della vita sulla Terra.

Nota – non capirò mai le scelte editoriali nostrane che vedono modificare la traduzione del titolo originale, a volte in maniera radicale. Anche qui, perché nell’edizione italiana anteporre quel “Breve” all’originale “The story of Earth”? Forse che quel 4,5 miliardi di anni del sottotitolo spaventa? Anche nella precedente recensione ho riscontrato queste prese d’iniziativa – trasformando “Timefullness” ne “Il tempo della Terra” – spesso discutibili. In definitiva, si fa presto a dire Precambriano, se i precedenti quattro miliardi di anni vi sembrano pochi.

Robert M. Hazen
Robert M. Hazen

Robert M. Hazen è Senior Staff Scientist presso il Carnegie Institution’s Geophysical Laboratory e Clarence Robinson Professor di Scienze della Terra presso la George Mason University. Ha conseguito la laurea e il master in geologia presso il MIT, il dottorato di ricerca in scienze della Terra presso l’Università di Harvard ed è stato NATO Postdoctoral Fellow presso l’Università di Cambridge.

Hazen è autore di oltre 400 articoli e 25 libri su scienza, storia e musica. Il suo libro più noto tra le opere di divulgazione è The Story of Earth, che è stato finalista nei concorsi scientifici della Royal Society e della Phi Beta Kappa. Membro dell’American Association for the Advancement of Science, della Geochemical Society e della Geological Society of America, ha ricevuto la Roebling Medal 2016, il Mineralogical Society of America Award e la MSA’s Distinguished Public Service Medal, l’American Chemical Society Ipatieff Prize, l’ASCAP-Deems Taylor Award, l’Educational Press Association Award e nel 2012 è stato il destinatario del Virginia’ss Outstanding Faculty Award. Ha tenuto numerose conferenze ed è stato Distinguished Lecturer per Sigma Xi e MSA, di cui è stato Presidente. Il biominerale “hazenite” è stato chiamato in suo onore.

La recente ricerca di Hazen esamina in parte il ruolo dei minerali nelle origini della vita, con particolare attenzione alla sintesi organica catalizzata dai minerali e alle interazioni tra biomolecole e superfici minerali. Dal 2008 Hazen e i suoi colleghi hanno esplorato “l’evoluzione minerale” e l'”ecologia minerale”, nuovi approcci che sfruttano grandi e crescenti risorse di dati minerari per esplorare la co-evoluzione della geosfera e della biosfera.

Nel 2008 Hazen è stato nominato Principal Investigator e nel 2011 Direttore Esecutivo del Deep Carbon Observatory (DCO), un programma di ricerca decennale per ottenere progressi fondamentali nella comprensione dei ruoli chimici e biologici del carbonio nella Terra. Il DCO è formato da una comunità internazionale di oltre 1.000 collaboratori provenienti da 45 paesi, impegnati a comprendere le quantità, i movimenti, le forme e le origini del carbonio sulla Terra. Il DCO ha ricevuto finanziamenti dal fonti governative, aziendali e private, pari a quasi un miliardo di dollari.

L’Autore ci racconta il suo libro
Da “Storie della Scienza” un episodio dedicato all’età della Terra

Storie della Scienza