Scopo delle aree tematiche
Le Aree Tematiche della SIGEA-APS hanno lo scopo di creare un confronto costruttivo e aggiornato tra i soci che hanno interessi in comune nell’ambito della geologia ambientale. I soci possono aderire a più aree tematiche e, nell’ambito delle stesse, proporre al coordinatore l’organizzazione di eventi (convegni, corsi, giornate di studio, pubblicazioni speciali, ecc) o altri tipi di approfondimenti.
Le aree tematiche hanno anche lo scopo di supportare le decisioni del Consiglio direttivo nazionale su specifici argomenti e di contribuire alla redazioni di documenti che possono essere sottoposti all’attenzione di altri associazioni, Enti e Istituzioni.
Attraverso le Aree Tematiche la Sigea vuole diffondere le buone partiche di informazione, formazione e coinvolgimento dei propri soci, mettendo a disposizione di tutti le esperienze acquisite da gruppi di soci esperti in particolari campi della geologia ambientale.
Premesse dell’area tematica
Quando si parla di dissesto geo-idrologico ci si riferisce ai processi naturali d’instabilità più comuni che si manifestano sulla superficie terrestre, vale a dire frane (di ogni tipologia), alluvioni, processi torrentizi, ecc.. Sono processi che si manifestano quasi sempre come diretta conseguenza di eventi meteorici estremi. Gli studi che affrontano tali problematiche sono finalizzati alla prevenzione e alla previsione dei processi mediante alcune misure atte alla:
- a) rimozione o mitigazione delle cause dei processi d’instabilità;
- b) realizzazione di sistemi difensivi capaci quanto meno di controllare lo sviluppo dei fenomeni, attenuandone le potenzialità distruttive;
- c) imposizione di vincoli o limitazioni d’uso del territorio, onde evitare la proliferazione di nuove situazioni di rischio.
Quindi è necessario poter fare previsioni attendibili in merito ai diversi processi d’instabilità: è cioè indispensabile rispondere a tre quesiti fondamentali: come, dove e quando. Tutto ciò presuppone la disponibilità di precise conoscenze di base circa la tipologia del fenomeno che si vuole evitare, la sua potenziale localizzazione nello spazio e la sua più probabile frequenza nel tempo.
Le frane e i processi torrentizi sono manifestazioni pulsatorie dell’evoluzione naturale a lungo termine, che con la sua azione lunga ed inarrestabile, scolpisce e modella valli e rilievi. Nel contesto di questo quadro evolutivo morfogenetico, gli effetti dei vari processi sui versanti e lungo la rete idrografica, presentano implicazioni pratiche ben diverse in relazione all’intervallo di tempo entro il quale essi si innescano, si sviluppano e si esauriscono. Emerge subito un importante parametro corrispondente alle caratteristiche dinamiche e cinematiche dei fenomeni, in base alle quali è possibile ricavare una classificazione tipologica. Il pericolo maggiore è connesso, infatti, alla rapidità dei processi, oltre che per l’influenza sugli effetti producibili, anche in relazione alla possibilità di attivare sistemi di preannuncio in tempi operativamente utili.
In una classifica tipologica, fondata su tali criteri, si collocano per prime le frane (di crollo e di fluidificazione della coltre superficiale). Quasi sempre in stretta connessione con i processi gravitativi, si generano anche improvvise pulsazioni di piena torrentizia, che assumono caratteristiche particolarmente violente lungo i tributari minori ad elevata pendenza. Gli effetti possono esser talora catastrofici soprattutto per gli abitati posti sulle conoidi ed allo sbocco nelle vallate principali, abitati sovente cresciuti senza tenere nella dovuta considerazione i rischi derivanti da tali processi.
Viste le principali tipologie dei fenomeni naturali d’instabilità che determinano motivi di rischio, resta da affrontare il problema di individuare i luoghi dove questi processi sono più attivi o risultano potenzialmente innescabili. E’ noto che le frane o quanto meno certi tipi di frana ed i fenomeni torrentizi, sono più diffusi in certe aree piuttosto che in altre. Ciò è dovuto al fatto che le caratteristiche litologiche, strutturali e giaciturali dei materiali rocciosi e la composizione e distribuzione dei terreni incoerenti superficiali è diversa da luogo a luogo. Analogamente differiscono da un’area all’altra le forme del rilievo, la distribuzione dell’acqua nel sottosuolo, la densità ed il tipo di copertura vegetazionale e gli elementi che determinano le condizioni climatiche medie. Nonostante si conoscano molti fattori predisponenti, l’individuazione del luogo dove si manifesterà una nuova frana risulta generalmente difficile, anche se esiste una diffusa tendenza in molti fenomeni gravitativi a ripetersi, riattivando l’instabilità in luoghi già coinvolti in precedenza da franamenti. Tale diffusa tendenza alla ripetitività dei movimenti di massa, può quindi esser considerata un importante elemento ausiliario di riconoscimento e di localizzazione. Dall’insieme di tali considerazioni si può dedurre che la potenziale ubicazione delle frane, o quanto meno la possibilità di prevederne lo sviluppo entro un determinato spazio, implichi un esame comparativo di molteplici fattori, nelle loro varie interazioni.
La localizzazione dei potenziali processi torrentizi di trasporto in massa pone indubbiamente minori difficoltà, potendo fondarsi in buona parte su un attento esame delle conoidi alluvionali od altri tipi di depositi attraverso i quali in genere i bacini tributari si raccordano al fondovalle principale. Se si considera infatti che queste forme di accumulo sono il risultato di ripetute pulsazioni di piena con rilevante apporto di materiali solidi, una valutazione dei loro volumi ed osservazioni dettagliate sulle caratteristiche geometriche dei canali di scarico che le attraversano e dei tronchi d’alveo immediatamente a monte, costituiscono indici molto significativi dell’intensità dei processi verificatisi all’interno dei bacini alimentatori, fornendo attendibili elementi di giudizio per identificare quelli più attivi.
L’individuazione delle aree potenzialmente inondabili lungo i corsi d’acqua è ancora più semplice in quanto si conoscono i punti critici di un fiume. Analizzando la storia delle piene di un corso d’acqua si può notare come i tratti fluviali ove sono avvenute le esondazioni e le zone su cui le acque si sono espanse siano quasi sempre le stesse. L’analisi storica dimostra altresì che quando sono state colpite aree che mai prima erano state inondate, nella maggior parte dei casi ciò è stato provocato dalla presenza di nuove opere antropiche che hanno modificato il territorio e la sua naturale evoluzione.
Resta da analizzare il complesso problema riguardante la frequenza dei processi geo-idrologici d’instabilità, cioè la valutazione della loro più probabile distribuzione nel tempo. Le difficoltà maggiori derivano dalla mancanza di dati statistici specificatamente raccolti con continuità, da utilizzarsi per la determinazione della ricorrenza di questi processi; di conseguenza gli elementi conoscitivi di base normalmente disponibili, ne forniscono solo un quadro attualistico (o dell’esistente) e perciò del tutto statico.
Fenomenologie come le frane ed i processi torrentizi, tipologicamente variabili da luogo a luogo, per lo più puntuali e quindi discontinue, spesso reciprocamente interagenti e condizionate da molteplici fattori predisponenti, se vengono esaminate singolarmente, solo come effetti morfologici, risultano difficilmente prevedibili. Ma se di questi effetti si considerano le principali cause innescanti, analizzandole sistematicamente in relazione alle diverse tipologie di processi, il problema trova un’accettabile soluzione, poiché i motivi che più spesso provocano direttamente l’instabilità (precipitazioni, cicli di gelo e disgelo, oscillazioni di falda, eventi di piena), sono quantificabili nei loro valori critici, e per questi ultimi può esser individuata la frequenza sulla base delle lunghe serie di registrazioni idrologiche.
Un’impostazione di lavoro secondo queste linee, appare giustificata dalla ripetuta constatazione, ricavata anche dallo studio di eventi del passato, che l’innesco concomitante di numerosi fenomeni franosi e di processi torrentizi, in quantità tali da raggiungere talora livelli catastrofici, è connesso per la maggior parte a situazioni climatiche anomale e soprattutto ad eventi pluviometrici straordinari per intensità e durata.
Una metodologia di ricerca che tenga conto di tali fatti, deve necessariamente basarsi su una raccolta la più ampia possibile di dati retrospettivi circa la ripetitività nel tempo dei vari processi, in relazione alla frequenza di determinate cause.
Adottando tali criteri d’indagine è possibile utilizzare modelli statistici: i dati relativi ad eventi verificatisi in passato vengono elaborati in chiave previsionale, estrapolandoli al futuro, in riferimento sia alla frequenza nel tempo, sia alla maggiore o minore concentrazione in un determinato spazio. Si assume cioè che la probabilità di un determinato evento non cambierà, entro ragionevoli intervalli di tempo, non modificandosi drasticamente le caratteristiche intrinseche d’ordine naturale.
Verificata dunque l’esistenza di un rapporto diretto di causa ed effetto soprattutto tra precipitazioni piovose e diversi tipi di dissesti idrogeologici, attraverso l’elaborazione statistico-probabilistica dei dati pluviometrici, si può valutare il tempo di ritorno delle quantità di pioggia critica al di sopra della quale s’innescano diffusi fenomeni di instabilità sui versanti e lungo gli alvei torrentizi.
A questo punto si è data, molto sinteticamente, una risposta a tutti tre gli interrogativi iniziali: come si manifestano i processi di instabilità, dove possono verificarsi, quando o quante volte probabilmente si ripeteranno. Gli elementi conoscitivi così ottenuti rispondono a quelle esigenze di previsione e prevenzione che rappresentano un importante obiettivo perseguito da tutti gli Enti operanti sul territorio. Una precisa individuazione dei luoghi esposti a pericoli naturali, non solo pone in risalto le necessità prioritarie per le opere di difesa attiva, ma consente anche una razionale imposizione di vincoli onde evitare la proliferazione di nuove situazioni di rischio. E’ opportuno sottolineare, infatti, che ogni opera difensiva può presentare dei limiti di efficienza a fronte di eventi estremi al di là di ogni previsione; quindi non è possibile garantire ovunque un grado di sicurezza permanente.
Una maggior presa di coscienza degli effetti producibili dai fenomeni naturali, nel contesto di un’adeguata preparazione delle comunità locali concernente il comportamento da assumere nelle varie forme di attività in luoghi esposti a rischio, sono misure complementari da applicare ai fini di una diminuzione dei danni a persone ed a beni collettivi e individuali.
Obiettivi
I componenti dell’Area Tematica “Rischio geo-idrogeologico” intendono perseguire le seguenti finalità: – condurre studi e ricerche sui processi geo-idrologici, nonché esporne i risultati tramite pubblicazioni scientifiche e contributi in convegni pubblici; – porsi come interlocutori nei confronti della Pubblica Amministrazione riguardo all’evoluzione normativa sulla pianificazione territoriale in relazione alla pericolosità geomorfologica; -porsi come interlocutori con i mass-media in occasione di gravi eventi geo-idrologici al fine di spiegare i processi, la loro evoluzione e commentare gli effetti al suolo.
Attività svolte
A Torino, il 25 maggio 2022, in collaborazione con il CNR IRPI, l’ARPA Piemonte, l’OdG del Piemonte, la Regione Piemonte e il Politecnico di Torino, la presente Area Tematica ha organizzato un convegno dal titolo “L’evento alluvionale del 2-3 ottobre 2020 in Piemonte”. In tale occasione è stato presentato il volume di 176 pagine (edito dalla SIGEA), frutto del lavoro di una ventina di ricercatori e studiosi che hanno analizzato tale evento. Le presentazioni orali sono state circa una quindicina e hanno affrontato l’evento sotto tutti i punti di vista. Ottima l’affluenza in sala di circa 150 esperti.
Il volume è disponibile sul sito della SIGEA e liberamente scaricabile a questo link: https://sigea-aps.it/wp-content/uploads/2024/12/2021-4-gda-supplemento.pdf
A Bardonecchia, il 20 e 21 giugno 2024, in collaborazione con il Comune di Bardonecchia, il CNR IRPI ed alcuni Enti territoriali, la presente Area Tematica ha organizzato un convegno dal titolo “I fenomeni d’instabilità naturale in alta montagna. La colata detritica del 13 agosto 2023 a Bardonecchia: previsione, prevenzione e mitigazione dei processi”. L’evento si è svolto su due giorni: il primo ha visto la presentazione da parte dei ricercatori invitati di 14 studi. Durante l’evento è stato distribuito il volume (edito dalla SIGEA) che radunava tutti gli abstract estesi delle presentazioni. La giornata si è conclusa con una interessante tavola rotonda. Il secondo giorno è stato dedicato ad un sopralluogo tecnico lungo l’alveo del Torrente Frejus, che attraversa l’abitato di Bardonecchia. Al convegno hanno partecipato circa un centinaio di persone il primo giorno e circa una quarantina il secondo.
Il volume è disponibile sul sito della SIGEA e liberamente scaricabile a questo link: https://sigea-aps.it/wp-content/uploads/2024/10/GDA_4-2024_supp.pdf
A Torino, il 4 novembre 2024, l’Area Tematica in collaborazione con la Sezione Piemonte della SIGEA-APS ha organizzato il Convegno dal titolo “Trent’anni dall’alluvione del Piemonte del 1994: uno sguardo al passato, al presente, al futuro“. Il Convegno, promosso in occasione del trentennale dell’Alluvione del 1994, è stato organizzato dalla SIGEA-APS in collaborazione con il Dipartimento di Scienze della Terra dell’ Università di Torino, con l’ARPA Piemonte, con il CNR IRPI di Torino e con l’Ordine Regionale dei geologi del Piemonte e vedrà il contributo della Regione Piemonte, dell’ISPRA e dell’Autorità di Bacino del Fiume Po. L’evento ha avuto il patrocinio del Consiglio Nazionale dei Geologi e delle diverse Amministrazioni locali.
Programmazione
Presso la sede del CNR IRPI di Torino, in novembre 2025 verrà organizzato, con il patrocinio della SIGEA, un convegno di studi denominato ”DE UTILITATE FONTIUM”. Fonti documentali e nuove tecnologie per la gestione dei rischi ambientali e culturali, organizzato nell’ambito del Progetto di Ricerca di Interesse Nazionale FONTES Fonti geostoriche e sistemi informativi per la conoscenza e la gestione dei rischi ambientali e culturali, a cura dal Dipartimento Culture e Civiltà dell’Università degli Studi di Verona, dal Dipartimento di Ingegneria e Architettura dell’Università di Parma e dal CNR-IRPI di Torino.
L’iniziativa intende proporre riflessioni sulla rilevanza delle fonti cartografiche conservate in biblioteche e archivi al fine di approfondire aspetti culturali, patrimoniali e applicativi posti al centro di ricerche di esperti di ambito geografico, geologico, storico-architettonico e documentario. L’intento è quello di comprendere il portato conoscitivo insito nelle fonti cartografiche, iconografiche e documentali del passato. Affrontare questi temi è il compito che si prefigge il convegno, organizzato in spazi adeguati per stimolare il contatto diretto e il rafforzamento delle reti su cui il PRIN è fondato, nonché creare occasioni di scambio in presenza anche per il corpo studentesco e quanti si avviano alla ricerca.
Coordinatore Nazionale

Fabio Luino
geo-idrologico@sigeaweb.it
Note sul coordinatore
Fabio Luino, geologo, specializzato in geomorfologia applicata, è ricercatore senior presso il CNR IRPI di Torino, dove lavora dal 1989. Dalla data dell’assunzione svolge funzioni di ricerca, programmazione, divulgazione, coordinamento di studi inerenti inondazioni, colate detritiche torrentizie e frane analizzati prevalentemente da un punto di vista geomorfologico e storico. I suoi studi sono finalizzati all’ottimizzazione della gestione territoriale. In particolare analizza i fenomeni geo-idrologici durante la fase parossistica e ne studia gli effetti e i danni: ha studiato in maniera approfondita svariati eventi alluvionali. Si occupa molto di ricerca storica presso gli archivi pubblici e privati, finalizzata alla costituzione di banche dati utili per l’identificazione delle zone critiche da un punto di vista geo-idrologico. Responsabile scientifico di diverse decine di convenzioni con Enti pubblici e di ricerca, nel marzo 2006 consegue il Master a pieni voti in Emergency Management, corso di Protezione Civile organizzato dall’IReR della Regione Lombardia (direttore prof. David Alexander). Sovente svolge corsi presso le Università italiane nelle Facoltà di Scienze della Terra.
A cavallo fra il 1999 e il 2000 ha trascorso un periodo di 12 mesi ad Enschede (Olanda) presso l’ITC dove si è occupato di GIS e di studi storico-morfologici nella zona dell’Adige nell’ambito del Progetto Europeo GETS.
Nel luglio 2002, in qualità di invited lecturer, è stato invitato dagli organizzatori dell’IAG alla settimana dedicata a giovani laureati di tutta Europa. Nel luglio 2006 usufruisce di una short-term mobility presso il Politecnico dell’Universidad di Valencia, collaborando con il professor José Miralles (Direttore del Dipartimento). Nel settembre 2018 è invitato dal Prof. De Graff dall’Università di Fresno (California) a presentare una sintesi dei propri studi in Italia settentrionale.
Dal 2011 al 2015 è stato Presidente e Direttore del Comitato dell’Area della Ricerca di Torino, nonché Responsabile della Sede di Torino del CNR IRPI.
E’ autore di oltre 150 pubblicazioni nazionali ed internazionali.
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Fabio Luino
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fabio.luino@cnr.it
Referenti regionali
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Campania – Molise
Emilia-Romagna
Friuli-V.G. – Trentino A.A. – Veneto
Lazio
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Lombardia
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Piemonte – Valle d’Aosta
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